Pubblicato da: sigfridocorradi | 18 giugno 2014

Una casa più grande

Era il 6 settembre 2009 quando diedi il via a questo Blog. Inizialmente solo per tenere il contatto durante un viaggio verso le Montagne Rocciose Canadesi. Con il passare del tempo è cresciuto, ed è diventato lo spazio mediante il quale non solo mantenere contatto, ma condividere il mio modo di vedere la fotografia.
Come spesso accade, prima o poi lo spazio diventa poco, ho così deciso di unificare il mio sito Internet personale www.sigfridocorradi.net con il blog: un’unico ambiente integrato. Che mi permetta di crescere, di proporre, di condividere meglio e più frequentemente.

Una casa più grande

Una casa più grande

Da oggi in poi poi nuovo articolo troverà spazio nel sito sito Internet principale, questo blog continuerà ad esistere come storico articoli (peraltro presenti in copia anche nel rinnovato sito Internet).

Nel prossimo periodo il sito Internet crescerà, con proposte, news, nuove gallerie (già in parte rinnovate e riviste). La scelta di rivedere l’intera struttura è, in parte, figlia delle nuove modalità di fruizione dei contenuti Internet che da tempo ha preso piede: sempre meno PC e sempre più mobile (smartphone – tablet – phablet – …). Era quindi necessario rendere il tutto più adattabile ai dispositivi più disparati con cui oggi accediamo al web.

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Grazie a tutti 🙂
-Sig-

Pubblicato da: sigfridocorradi | 16 aprile 2014

Un respiro profondo

Nell’articolo precedente (Una foto una vita) ho condiviso un pezzetto del mio vedere la fotografia quando dall’altra parte c’è un essere umano, una vita. Una storia. È un tipo di fotografia molto forte, che richiede capacità non indifferenti per andare oltre la superficie, e mi sento in questo come un bambino ai suoi primi giri con la bici, quando tutto è nuovo e richiede attenzioni, dove quel che conta è stare bene in equilibrio. Ma il paesaggio, il paesaggio in cui perdersi, ritrovarsi, vedere le forme e disporle nel fotogramma. È l’ambiente dove ho imparato a fotografare, dove ho trovato quel qualcosa che fa della fotografia la mia scelta e come me per tantissimi altri fotografi: il mezzo che permette di far uscire qualcosa, che è dentro di noi, attraverso ciò che sta al di fuori. Stupendo.

La Lessinia: sembra quasi si muova, in perenne mutamento. Non c’è stata una sola volta, una sola uscita, camminata, fuga, dove non abbia visto qualcosa di nuovo, trovato un pezzetto che prima non avevo mai visto.

Sepolta dalla neve

Sepolta dalla neve

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Sepolta dalla neve, che disegna incredibili trame mai uguali. Fotografia panoramica composta da più scatti verticali uniti con PTGui (Parpari – Velo Veronese – Verona). Tecnicamente questa fotografia ricalca un flusso di lavoro che per me è ormai ben stabilizzato e mi permette di essere rapido nell’esecuzione: sul campo regolo la messa a fuoco mediante il LiveView (che uso ogni volta possibile e non solo nella fotografia di paesaggio) ed eseguo alcuni scatti di prova al fine di individuare la coppia tempo-diaframma che possa mediare al meglio l’elevato contrasto della scena (l’istogramma diventa fondamentale in questa fase – diventa anzi guida per trovare la migliore coppia). Poi, con la macchina in modalità manuale e fissata la coppia individuata, imposto il bracketing con uno stop e mezzo di ampiezza e fisso il bilanciamento del bianco su “Nuvoloso” (non ha alcun valore impostare il bilanciamento del bianco quando si scatta in RAW invece che JPEG – ma avere tutte le immagini con la stessa temperatura colore aiuta il “colpo d’occhio” quando si scorrono velocemente in camera). A questo punto procedo con gli scatti facendo ruotare la testa panoramica tra una terna (bracketing) e l’altra. Spesso lascio acceso il LiveView per evitare di impostare l’alzo anticipato dello specchio che rallenta il tutto (alzo dello specchio -> tre secondi di attesa per smorzare le vibrazioni -> scatto – e questo ripetuto per le tre immagini del bracketing e moltiplicato per il numero di foto che compongono la panoramica). Preferisco non impostare la raffica, che insieme al Liveview fa si che le tre immagini vengano realizzate in rapida sequenza, in quanto ho in alcune occasioni notato l’introduzione di micromosso a causa di questa operazione.
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

Un mondo di roccia: alte, insondabili, dimore degli Dei. Sono affascinato, stregato, rapito da queste cattedrali che ridicolizzano ogni idea di grandezza ci portiamo dentro. Quando mi trovo in questi luoghi, fotografo con un profondo senso di rispetto. Con il desiderio di rendere al meglio questo capolavoro immenso.

Un mondo di roccia

Un mondo di roccia

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Massiccio del Monte Bianco, alba. Il giorno inizia sempre prima sulle cime. Si tratta di una fotografia panoramica composta da più scatti come la precedente: in questo caso avrei potuto realizzare l’immagine in un colpo solo, scegliendo una focale più corta. Ma volevo cogliere al massimo gli incredibili dettagli della roccia, e quindi la scelta di una focale lunga che mi ha portato poi a più immagini da unire per un risultato ad altissima risoluzione (apprezzabile unicamente in stampe FineArt di una certa dimensione). Anche per questa immagine il flusso di lavoro sul campo è stato del tutto identico alla precedente panoramica. Una volta a casa il software PTGui (che trovo essere essenziale – alla stregua di una lente di qualità o altri accessori che generalmente ci mettiamo nello zaino e di cui non vorremmo fare a meno) si preoccupa in totale autonomia di riconoscere ed unire insieme tutte le immagini realizzate con il bracketing: quindi e pose per ogni foto. Trovo che questo automatismo di PTGui restituisca un’immagine ottima, senza artefatti, con un basso contrasto (ovvero con luci “smorzate” ed ombre “chiare”), tanto che raramente chiedo a PTGui di fornire tre immagini, una per ogni livello di posa, da fondere poi manualmente in Photoshop. Tutto questo sempre pensando all’obiettivo finale: massima qualità nel minor tempo possibile.
Dati di scatto: Canon 70-200 f/4L IS, Canon 5dMarkII

Con la fotografia riusciamo ad isolare una forma, lasciandola galleggiare in una nuova realtà. Isolare, pensare al mondo come forme bidimensionali da disporre nel fotogramma, lasciare che sia l’immaginazione a guidare l’obiettivo. Applicare una dieta alla fotografia eliminando tutto ciò che non volgiamo partecipi al racconto, isolare un elemento dal resto del mondo (che solo noi fotografi sappiamo esistere ma chi osserverà l’immagine non ne avrà conoscenza), cercare una pulizia ovvero evitare forme tagliate (una roccia in parte dentro il fotogramma ed in parte boh perché non si può sapere – un ramo che entra di lato ma non si può sapere da dove arriva e galleggia quindi a mezz’aria – ecc ecc), evitare di sovrapporre forme con tono o colore simile (inganno in cui si cade percependo il mondo i tre dimensioni – ovvero con la profondità), e via così.
Di solito la fotografia di paesaggio trova la sua espressione preferenziale ai limiti del giorno: Aurora ed Alba, Tramonto e Crepuscolo. L’immagine qui sotto l’ho realizzata quasi a mezzogiorno. Quando, generalmente dicono, non si riesce a fotografare. Ma se io vedo il paesaggio disporsi in un certo modo, disegnare qualcosa, mi sento in dovere di trovare il modo di creare l’immagine. E c’è sempre un modo per farlo!

Sulla cima una torre, sul punto più alto si è costruito, forse per essere più vicino agli astri, al cielo.

Sulla cima una torre, sul punto più alto si è costruito, forse per essere più vicino agli astri, al cielo.

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Massiccio del Monte Bianco. Anche in questo caso ho voluto realizzare più immagini con una focale più lunga del necessario per cogliere questo angolo di campo, questo pezzo di montagna. Unite insieme poi mi hanno restituito quel livello di dettaglio che desideravo, quella precisione che sento necessaria fotografando il paesaggio. Ho voluto lasciare molto spazio al cielo, alle delicate sfumature bianco-blu senza dettaglio in contrasto con la roccia sotto, isolata dalle altre cime che formano il colossale massiccio.
Dati di scatto: Canon 70-200 f/4L IS, Canon 5dMarkII

Scendendo a valle, dove l’acqua alla fine della sua discesa dalle montagne si ritrova nei fiumi. Qui l’Adige, che accompagna e definisce la città di Verona, è soggetto con l’insenatura, il tramonto, la sensazione di trovarsi altrove anche se la città è appena dietro le spalle.

Al fiume

Al fiume

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Parco dell’Adige Sud. Come consuetudine l’immagine è una panoramica composta da più scatti. In questo caso, per cogliere l’angolo dic ampo che desideravo, ho fatto una corsa per realizzare tre file di immagini. Una corsa in quanto il sole era al limite e per poco si sarebbe mostrato tra i rami. Questo è un “difetto” della fotografia panoramica multiscatto: il tempo di realizzazione. Con una sola fila di immagini, da sinistra a destra, il gtempo necessario è poco e non ci sono generalmente problemi. In casi come questo invece, quando ci sono elementi, come il sole, molto limitati nel tempo, conviene partire con la panoramica proprio dalla zona della foto dove ci potrà essere una variazione in breve tempo (ad esempio il sole coperto dai rami o tramontato del tutto).
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

Il sole che carezza le colline, in silenzio, lontane, antiche. Durante il mio quotidiano percepisco sempre un sottofondo di rumore, un ronzio di fondo, pensieri che si rincorrono e si accavallano, la fretta di seguire mille cose. Quando mi allontano in luoghi come questi, percepisco chiaramente quella pacifica sensazione di essere a proprio agio, finalmente alla giusta velocità.

Una carezza di luce

Una carezza di luce

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Ai piedi del Monte Bianco. Immagine decisamente più semplice, tecnicamente, delle precedente. Niente panoramica ma scatto singolo, con l’unica concessione del bracketing (a cui credo non si possa proprio rinunciare anche se le recenti reflex – tipo 5dMarkIII in Canon – abbiano capacità di recupero luci ed ombre davvero notevoli).
Dati di scatto: Canon 70-200 f/4L IS, Canon 5dMarkII

Cupa attesa della pioggia imminente, il cielo si fa scuro, cadono le prime gocce avvisaglie del grosso che arriva.  Il colore sembra fuggire via, come a volersi riparare dalla tempesta. L’aria si fa fredda, le nubi corrono. Perfetto.

Cupo attendere

Cupo attendere

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Ai piedi del Monte Bianco. Consueta panoramica multiscatto, per la quale il processo di lavorazione parte in Lightroom per sviluppare ogni foto (della terna bracketing) al meglio per il suo livello di luminosità (nella foto sottoesposta recupererò ulteriormente le luci se ci sono punti troppo chiari – nella foto sovraesposta aprirò ulteriormente le ombre se ci sono punti troppo scuri), passa poi in PTGui, da lì finisce in Photoshop. Anche se molto spesso torna poi in Lightroom in quanto la velocità e comodità di questo programma è un punto forte non da poco. In fase di scatto per questa panoramica ho aggiunto il filtro Polarizzatore Singh Ray Gold-N-Blue per intervenire sui colori.
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

Non è ancora l’alba, manca del tempo, è troppo presto. La luce fredda della notte che ancora resiste si fa sposa dell’aria fredda che scende dal ghiacciaio. Aria che sa di neve, aria che sa di pulito. E si aspetta, in silenzio, si contempla ognuno per se, e solo il suono secco dello scatto ricorda che un po’ di quella luce resterà intrappolata qui, in questo riquadro di colore.

Freddo ghiaccio

Freddo ghiaccio

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Massiccio del Monte Bianco. Attesa dell’alba. Dati di scatto: Canon 70-200 f/4 L IS, Canon 5dMarkII. Tecnicamente agli antipodi rispetto la precedete: niente panoramica multiscatto, niente bracketing (inutile in quanto la scena presentava pochissimo contrasto). Solo il consueto sviluppo al fine di sottolineare l’atmosfera che percepivo io, e che volevo condensare nell’immagine:

freddo_primadopo

Lo sviluppo: prima e dopo.


Oro puro, nel cuore della foresta, tesoro nascosto, rombo di tuono, gorgoglio profondo. Affascinante l’acqua che fugge veloce nei luoghi più angusti.  La sua voce copre ogni altra cosa, è lei che comanda.

Oro

Oro

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Ai piedi del Monte Bianco, nel folto del bosco. Filtro Polarizzatore Singh Ray Gold-N-Blue.
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

Sulle cime più alte, col fiato corto, luoghi difficili, fatti per essere ammirati e rispettati, un po’ temuti, mai del tutto conquistati. Non riesco più ad andare in montagna senza la fotocamera nello zaino, ci deve essere. Perché se resto a bocca aperta come un bambino, se mi perdo guardando lontano, la fotografia mi aiuta a capirlo e farlo durare.

Lontano su Marte

Lontano su Marte

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Massiccio del Monte Bianco, dal Rifugio Torino.
Dati di scatto: Canon 70-200 f/4 L IS, Canon 5dMarkII

Imponente si staglia, si impone puntando al cielo, ci fa sentire insignificanti, tiene a bada l’ego! Non mi stanco mai di fotografare la roccia. Poco da fare.

Il dito di roccia

Il dito di roccia

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Massiccio del Monte Bianco: il Dente del Gigante (4.014 m s.l.m).
Dati di scatto: Canon 70-200 f/4 L IS, Canon 5dMarkII

Perdersi nella nebbia o nascondersi. Cercare il nuovo quando il vecchio si nasconde alla vista. Spesso, quando siamo in giro con la fotocamera nello zaino, una fitta nebbia ci demoralizza perché partiamo da casa pieni di aspettative: immagini già fatte e finite nella testa. Invece bisogna partire leggeri, guardarsi attorno con gli occhi ben aperti e lasciare che le immagini si creino senza forzarle, guidate dalla nostra immaginazione, dal nostro umore, dall’istinto. Io ho sempre sostenuto la necessità di partire preparati, e ne resto sempre convinto. Ma essere preparati non deve intaccare la libertà di rovesciare tutto.

Foresta mistica

Foresta mistica

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Ai piedi del Monte Bianco. Dati di scatto: Canon 70-200 f/4 L IS, Canon 5dMarkII. Come per “Freddo ghiaccio”, semplice sviluppo per sottolineare, per concentrare l’attenzione:

nebbia_primadopo

Lo sviluppo: prima e dopo

Il paesaggio che ci si fa attorno, che gira attorno a noi, basta fermarsi, aspettare, lasciare che il luogo parli di se, lo faccia attraverso di noi. Mi piace, molto, la fotografia panoramica: la possibilità di contemplare una fetta di paesaggio, di mondo, grande a piacere, di disporla in totale libertà, a sentimento.

Dentro il cerchio

Dentro il cerchio

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Il tempietto del Lazzaretto di Verona. Fotografia panoramica multiscatto. Per questa immagine ho usato il Sigma 35mm alla sua massima apertura: 1.4. Volevo limitare l’area a fuoco, volevo introdurre un elemento in più che concentrasse l’attenzione al centro, dove un tempo si trovava un altare, ed ora solo macerie. Con questa lente è fondamentale una messa a fuoco precisa, e con il LiveView questo è possibile: il diaframma 1.4, anche su una lente grandangolare, riduce molto la profondità di campo. Anche nell’uso a mano libera, con foto non meditate come queste, cerco di usare il LivewView, in particolare la messa a fuoco automatica basata sul contrasto: molto molto più lenta della messa a fuoco “tradizionale” della reflex, con il ricerca di fase, ma estremamente più precisa. In particolare se il fuoco deve cadere lontano dal centro, fuori asse, tipico del “metti a fuoco e ricomponi”.
Il Lazzaretto di Verona (qui in Google Maps), il Parco Adige Sud, il fiume Adige: sono le location del Concorso Fotografico organizzato dall’Associazione Pro Loco Lazzaretto. Il concorso terminerà il 02/05/2014.
Verranno premiate le migliori fotografie originali che avranno come tema: il Parco Adige Sud, il fiume Adige lungo il suo percorso, le testimonianze della convivenza tra l’uomo e la natura ed in questo contesto saranno maggiormente valutate le fotografie che ritrarranno il Lazzaretto di Verona con la natura che lo circonda.

Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII

Ma il paesaggio a cosa serve se non ad accogliere vita? Il paesaggio può essere segnato in modo indelebile dall’uomo. Può esistere con forza proprio grazie a questo. L’immagine seguente: cosa sarebbe se l’uomo non avesse eliminato la foresta dalle rive del fiume, non avesse edificato una città? Eretto templi dove pregare gli Dei?

Il luogo

Il luogo

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La città di Orchha, nel Nord dell’India. I templi, il fiume, il limite della foresta.
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

Cercando bene nel paesaggio, grande, profondo, ci sono piccoli particolari che ci parlano di altro, che attirano l’attenzione:

Attenzione al particolare

Attenzione al particolare

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La città di Orchha. Il particolare che distrae dal paesaggio.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII

Particolari che ci parlando di azioni, di vita che prosegue. Dentro un grandioso paesaggio, millenario, culla di grandiose culture, la vita prosegue. Piccola, silenziosa, come non volesse disturbare quella maestosità che si nota per prima, che chiede al fotografo tutta la sua attenzione. Ma aspetta! Non dimentichiamo mai di guardare attorno a noi, alle cose che danno una diversa prospettiva:

L'azione

La vita, nel paesaggio

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Il fiume Betwa che scorre a fianco della città di Orchha.
Dati di scatto: Canon 17-40L, Canon 5dMarkII

 

Si deve continuare a cercare nel paesaggio, ad osservare. Mai fermi, mai stanchi!

Alla prossima,
-Sig-


Pubblicato da: sigfridocorradi | 24 gennaio 2014

Una foto, una vita.

Negli anni ho focalizzato la fotografia sul paesaggio: lì ho posto le mie domande e cercato le risposte. Nello studiare il paesaggio, mi sono trovato a prendere in considerazione elementi quali pietre, acqua, maestosi alberi e minuscoli fiori. Ho sempre cercato di sviscerare il modo di disporre queste forme all’interno del fotogramma, per comunicare un qualcosa che percepivo lì, il feeling del luogo, il mio rapporto con esso. In tutto questo la vita è rappresentata nella sua forma primordiale se vogliamo: vegetazione, vento, sole, stelle, animali liberi. In tutto questo la vita dell’uomo si palesa unicamente mediante le sue tracce: malghe, stalle, muretti, impronte lasciate sul territorio.
Da un po’ di tempo a questa parte ho voluto invece concentrarmi sulla vita delle persone nel fotogramma, senza rincorrere le loro impronte, senza farmi bastare le tracce. Osservare con attenzione, non evitare, non sfuggire, ma mettersi davanti e porre una nuova domanda nella forma di una fotografia. Ogni immagine diventa quindi qualcosa di più, cambia di livello, perché non è più uno studio sull’emozione, un approfondire il rapporto fotografo-ambiente per trasmetterlo, rielaborato e personale, all’osservatore: ogni foto diventa una vita. Ogni foto ferma un istante di esistenza lungo un percorso che inizia con la nascita, e si concretizza con l’incontro fra quella vita ed il fotografo, che per un momento la blocca.

Cimbri nel bosco

Cimbri nel bosco

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Una coppia di Cimbri, nell’ambiente che da sempre ha visto le loro vite svolgersi (San Rocco – Roveré Veronese – Verona).
Dati di scatto: Tokina 100mm f/2.8 Macro, Canon 5dMarkII, unione (in PTGui) di 6 scatti verticali disposti su due file da tre.

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La fotocamera diventa mezzo per chiedere in prestito un pezzetto di vita alla persona davanti l’obiettivo, e disegnarlo nell’immagine risultante. La principale difficoltà diventa il rapporto tra il fotografo ed il soggetto: ben prima di ogni considerazione tecnica o compositiva, il fotografo si deve relazionare con la persona ripresa. Trovo assolutamente preferibili le focali corte, ma cosa significa una focale corta? Significa stare a pochi passi da quella vita, significa non poter osservare da lontano, significa interferire se vogliamo. Questa necessità di mettersi in relazione fa passare in secondo piano tutto il resto che riguarda la fotocamera, che deve quindi quasi “muoversi” da sola: le impostazioni non devono richiedere attenzione, lo scatto deve arrivare senza disturbare troppo.

Una vita a colori

Una vita a colori

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Una vita a colori, Orchha, India.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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La cosa che più mi spiazza è il contatto visivo: quel tocco fra sguardi che si verifica quando la persona, attraverso la lente, attraverso la maschera che è la reflex, arriva all’occhio del fotografo.

Il colore dell'autunno

Il colore dell’autunno

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Il colore dell’autunno, Roveré Veronese, Verona.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Sguardo fisso

Sguardo fisso

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Sguardo fisso, lungo la riva sacra del fiume Ganghe, Varanasi, India.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Con la reflex in mano, facendomi trasportare senza opporre resistenza, fino ad arrivare là dove qualcuno in qualche modo mi stava aspettando. Mi viene difficile pensare diversamente: un’esposizione che dura una frazione minima di secondo, esattamnente in quel punto, quella via, quella piazza, quella luce, esattamente in quel preciso momento.

La signora dei colombi

La signora dei colombi

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La signora dei colombi, nel centro di Sarajevo, Bosnia.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Il lustrascarpe

Il lustrascarpe

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Il lustrascarpe, nel centro di Sarajevo, Bosnia.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Pausa pranzo

Pausa pranzo

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Pausa pranzo, nel mercato di Mostar, Bosnia.
Dati di scatto: Tokina 100mm f/2.8 MACRO, Canon 5dMarkII.

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Vita al mercato

Vita al mercato

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Vita al mercato, Sarajevo, Bosnia.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Mesnica

Mesnica

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Mesnica, periferia di Sarajevo, Bosnia.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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E poi potersi fermare a prendere fiato, semplicemente rallentare. Perché la vita delle persone non rispetta nessun ritmo imposto. Ecco, questo è un vantaggio della fotografia di paesaggio, che ha però altre difficoltà, rispetto al porre precisa attenzione sulle persone: nel paesaggio io, fotografo, decido la modalità di svolgimento. Devo certamente agire in funzione delle nuvole in cielo, delle condizioni meteo, del territorio e le sue caratteristiche, ma nulla di tutto ciò si muove di volontà propria oppure in funzione di ciò che io, con la mia reflex, faccio. Non vi è relazione, il fotografo è ospite meravigliato di un ambiente che esisterebbe anche senza di lui.

Nel luogo della preghiera

Nel luogo della preghiera

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Nel luogo della preghiera, fuori dalla moschea di Sarajevo, Bosnia.
Dati di scatto: Tokina 100mm f/2.8 MACRO, Canon 5dMarkII.

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Una breve pausa al sole

Una breve pausa al sole

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Una breve pausa al sole, Amber, India.
Dati di scatto: Canon s95, focale eq. 50mm.

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Ogni ambiente con le sue vite. Un lago circondato da vivo colore, un arido terreno lavorato con tanta fatica e poco a disposizione. La riva lontana ed in mezzo le preghiere della gente, la polvere sulla pelle e negli occhi la speranza per il futuro.
La fotografia ci educa, mi educa, a prestare attenzione. A prestare orecchio a quel canto che è la luce. Sta poi a noi saper trascrivere la melodia, che sia un paesaggio dorato dal tramonto, un piccolo insetto sulla punta d’un filo d’erba, od una vita incontrata nel mondo. La tecnica fotografica ci serve per concretizzare, ma come la grammatica non basta ad uno scrittore, la tecnica non basta a noi.

Al lago

Al lago

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Al lago, Jaipur, Man Sagar Lake, India.
Dedicare un po’ del proprio tempo a contemplare il lago, dar da mangiare ai pesci, preghiera per la prossima vita.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Il lavoratore

Il lavoratore

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Il lavoratore, Orchha, India.
Dati di scatto: Sigma 35mm f/1.4, Canon 5dMarkII.

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Alla prossima!

-Sig-


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